permuta con conguaglio e prova della esclusione dell’acquisto in comunione legale


 

Not. Maurizio Licenziati

maurizio.licenziati@notariato.it

17.05.2002

 

Nel 1994 Tiza (in comunione legale) cede in permuta alla propria sorella Caia la quota di un sesto (1/6) di comproprietà su appartamento X e Caia cede in permuta a Tizia la quota di un sesto (1/6) su appartamento Y.

A titolo di conguaglio Caia dichiara di aver ricevuto da Tizia lire 18.000.000.

 

Tizio, coniuge di Tizia, non interviene all'atto.

 

Oggi Tizia e Tizio sono in separazione giudiziale e Tizia vorrebbe rivendere l'appartamento Y senza far intervenire il marito.

 

Il notaio ritiene che debba intervenire anche Tizio.

 

"riflettendo a voce alta":

- il bene che Tizia ha permutato con Caia era personale (in quanto pervenutole in successione paterna), ciò dovrebbe comportare che anche il bene ottenuto in permuta è personale (Cass. 08.02.1993, n. 1556, la quale espressamente prevede il caso di permuta di beni la cui "provenienza personale" sia certa);

 

- tuttavia, vi è un conguaglio, ma il conguaglio non è mai stato versato e la sorella beneficiaria dello stesso sarebbe disposta a rendere la dichiarazione in tal senso (sia nello stesso atto pubblico di rivendita del bene che in un atto separato);

 

- tale dichiarazione credo sia necessaria proprio per evitare che la presenza del conguaglio porti a considerare il denaro utilizzato come provento della vita coniugale e conseguentemente, in assenza della dichiarazione di Tizio, l'entrata in comunione del bene permutato.

 

Se quanto scritto è corretto, come rendere la dichiarazione e, anche, come valutarla fiscalmente?

 

Credo che non sia sufficiente affermare di non aver ricevuto il conguaglio dichiarato e quietanzato a suo tempo in atto, ma occorra anche dichiarare di non volerlo ricevere per spirito di liberalità, così che avremo una permuta mista a donazione con sua esclusione dalla comunione legale dei beni.

 

Diversamente avrei pensato ad una dichiarazione negoziale da parte della madre di Tizia con cui la stessa si accolli il debito derivante dal conguaglio non ancora versato nei confronti dell'altra figlia Caia (donazione indiretta, come tale esclusa dalla comunione ai sensi dell'art. 179 lett.b)...

 

 


 

Not. Paolo Giunchi, pgiunchi@notariato.it

Not. Gianni Tufano, gtufano@notariato.it

17.05.2002

 

A prescindere da qualsiasi conguaglio, l'intervento in atto del coniuge è, in ogni caso, imposto dall'art. 179, c. 2, c.c.

Non avendo sottoscritto l'atto di permuta, Tizio e' irrimediabilmente diventato comproprietario.

 

 


 

Not. Claudio Limontini

climontini@notariato.it

18.05.2002

 

Concordo con i colleghi, Tizio è comproprietario a prescindere (diceva Totò) dal conguaglio e non mi butterei nell'arena che mi sembra già parecchio affollata.

 

Tuttavia, la suprema Corte è di diverso avviso non solo quella del 1993 citata, ma anche quella del 18.08.1994, n. 7437…

 

 


 

Not. Maurizio Licenziati

maurizio.licenziati@notariato.it

20.05.2002

 

Il legale di Tizia, forte dell'interpretazione della Cassazione, ragiona per la personalità del bene.

 

Proviamo a fare il punto.

 

L'art. 179, u.c., c.c., afferma che "l'acquisto di beni (...) è escluso dalla comunione (...) quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge".

 

La giurisprudenza ha affermato che tale dichiarazione può essere resa anche in un momento successivo all'atto (Trib. Lucca, 08.05.1978), se il coniuge che doveva renderla non vi ha partecipato; questo sia perchè la dichiarazione de quo ha mero valore ricognitivo, sia perchè il termine "parte" utilizzato nell'art. 179, u.c., c.c., non va inteso nel senso proprio di "parte contrattuale".

 

(A differenza - per chi lo ammette - di quanto avviene nel caso di rifiuto del coacquisto ove la dichiarazione del coniuge è una dichiarazione negoziale).

 

L'interpretazione della Cassazione è andata oltre, affermando, appunto, che tale dichiarazione è addirittura "superflua" nel caso in cui la personalità del bene sia certa e questo, a mio modesto avviso, non è così assurdo come sembra, purchè si attribuisca valore meramente ricognitivo alla dichiarazione del coniuge.

 

Stante quanto sopra, considerata la natura personale del bene permutato ove sia certa la personalità del bene scambiato, concordando o meno con la giurisprudenza, ripropongo il quesito.

 

 


 

Not. Alessandro Torroni

atorroni@notariato.it

23.05.2002

 

Le famigerate sentenze della Cassazione si fondavano sul principio che i beni acquistati dal coniuge con l'atto di permuta fossero suoi personali, essendo oggettivamente certo il carattere personale del corrispettivo prestato.

 

E ciò anche in mancanza della conferma dell'altro coniuge.

 

Pertanto, a parte i dubbi interpretativi sollevati dalle due sentenze, il principio non mi sembra applicabile al caso della permuta con conguaglio.

 

Riterrei che il problema si sposti sul piano della prova essendo pacifico che la dichiarazione di conferma del coniuge non acquirente abbia natura di dichiarazione di scienza, sostituibile da un accertamento giudiziario.

 

Visto che sei strattonato  da due avvocati, io farei presente che è un problema di prova (la moglie ha la facoltà di provare che il bene è personale, oltretutto non essendovi stato il conguaglio).

 

Non darei per scontato che il bene sia personale sulla base della semplice dichiarazione della moglie, senza sentenza di accertamento o consenso dell'altro coniuge.